venerdì 27 maggio 2016

E se non fosse tutto da buttare?



Certo, la nazionale azzurra che si presenterà tra poche settimane in Francia per gli Europei non è la più competitiva che la storia ricordi. Certo, mancano i campioni, mancano i fuoriclasse di caratura internazionale. Se solo quindici anni fa la scelta del Ct di turno prendeva in considerazione giocatori come Totti, Del Piero, Vieri, Inzaghi, Roberto Baggio e Montella, oggi la situazione è ben diversa. La qualità media, soprattutto dalla cintola in su, per la nostra nazionale è decisamente scesa: questo fatto è francamente innegabile. Un vecchio spot televisivo, molto in voga qualche anno fa, ci insegnava però che "l'ottimismo è il profumo della vita". Nonostante sia molto facile farci prendere da una profonda nostalgia (concetto molto in voga, questo, ai giorni nostri) pensando al parco attaccanti che l'Italia vantava lustri orsono, proviamo ad andare controcorrente, a smentire la psicosi collettiva secondo la quale ogni attaccante italiano è un ripugnante bidone. Proviamo a trovare qualcosa di buono, proviamo a convincerci che forse, lì davanti, non siamo messi così male. Riusciremo a convincervi? Beh, noi ci proviamo.


GRAZIANO PELLE'





Partiamo da lui, dal centravanti leccese che con ogni probabilità occuperà il centro del nostro attacco. Premessa: non parliamo di un campione. I suoi numeri degli ultimi anni, però, lasciano ben sperare: 85 reti nelle ultime quattro stagioni per una media di 21 reti all'anno. Devastanti i suoi due anni al Feyenoord (29 centri nel primo, 26 nel secondo), leggero calo ma numeri comunque di tutto rispetto nelle due annate al Southampton, in un calcio altamente competitivo come quello inglese: 16 reti totali nel 2014-2015, 14 nell'annata appena conclusa. Non eccelso, ma comunque buono, il suo score in azzurro, con 4 gol in 11 apparizioni. Da anni trova la rete con continuità, non è Vieri, ma può dire la sua anche in Francia.

LORENZO INSIGNE




Per lo scugnizzo di Frattamaggiore quella appena conclusa è stata probabilmente la stagione della consacrazione ad alti livelli. Livelli altissimi, quelli a cui l'ex Pescara ha abituato una prima metà di campionato scintillante: dribbling, finte, assist a ripetizione e anche un'ottima vena realizzativa (saranno 12 quelle totalizzate a fine campionato, primato personale nella massima seria). Per mesi Insigne ha incantato Napoli e la serie A con un repertorio tecnico senza uguali, prima di un leggero calo nella seconda parte di stagione che non mette comunque in dubbio le sue enormi qualità. L'Insigne visto fino a gennaio è un giocatore di caratura internazionale, l'Europeo sarà il palcoscenico ideale per averne la definitiva conferma.

EDER




Stagione enigmatica quella dell'italo-brasiliano: favolosa fino a dicembre, appannata a dir poco in questo 2016, dopo il passaggio dalla Sampdoria all'Inter. Dodici centri in maglia doriana, solamente uno con la casacca nerazzurra. La speranza è che questi mesi di calo milanese restituiscano all'Italia un Eder carico, con la giusta voglia di riscatto. L'Eder, insomma, ammirato da settembre a dicembre a Marassi, un giocatore rapido, freddo sotto porta, capace di svariare sull'intero fronte d'attacco e di giocare in tutte le posizioni del reparto avanzato. Per l'oriundo vale un po' il discorso fatto per Pellè: non è un fuoriclasse, ma è sicuramente un buon giocatore, che a Conte potrà fare molto comodo in Francia.

CIRO IMMOBILE



Capocannoniere della serie A con il Toro di Ventura nel 2013-2014, sembrava pronto per il salto di qualità. La rampa di lancio lo ha portato a Dortmund. In Germania una stagione contrastante: tanta fatica in campionato (3 reti in 24 presenze), score invidiabile in coppa (3 gol in 3 presenze in Coppa di Germania, ben 4 gol in 6 partite in Champions League, timbri internazionali che lasciano ben sperare in vista dell'Europeo). Nell'estate 2015 valigie in mano e il napoletano va a Siviglia: il feeling con Emery non decolla, Immobile totalizza 15 presenze e 4 gol (con una vittima illustre, il Real) prima di cambiare ancora. A gennaio il grande ritorno a Torino. Quello che si presenta in granata dopo un anno e mezzo è un Immobile in grande spolvero, forse ancora più completo di quello che aveva lasciato l'Italia per raggiungere Klopp nell'estate del 2014: cinque gol, assist a ripetizione, Ciro è un vero uomo-squadra. Lo ferma solo un infortunio muscolare, dal quale il napoletano è rientrato appena in tempo per l'Europeo. C'è quindi l'incognita della condizione fisica, ma l'ultimo Immobile visto a Torino è un attaccante con la A maiuscola.

SIMONE ZAZA



Poco spazio, quest'anno, per l'attaccante lucano: difficile trovarne quando davanti a te c'è gente come Mandzukic, come Dybala, come Morata. Proprio in questo, nel saper capitalizzare al meglio le poche chance a disposizione, l'ex Sassuolo ha trovato la sua forza. Le sue apparizioni in bianconero, quest'anno, sono state un concentrato di grinta, rabbia agonistica e, per un attaccante non guasta, di straordinario cinismo: impressionante, infatti, la sua media gol-minuti giocati. Otto le sue reti complessive, niente male visti i rari scampoli di gara concessigli da mister Allegri. Rabbia, grinta, fiuto del gol, doti acrobatiche: doti che Zaza ha ampiamente dimostrato di avere, doti che sicuramente torneranno utili a mister Conte.

STEPHAN EL SHAARAWY



Nella lista dei pre-convocati il Faraone figura tra i centrocampisti, ma per noi l'ex Milan va inserito senza dubbio tra gli attaccanti. Misteriosa la carriera dell'italo-egiziano cresciuto nel Genoa: nel 2012-2013, ad appena vent'anni, una stagione da trascinatore al Milan condita da 16 reti. Sembrava sbocciato un nuovo fuoriclasse, ma gli anni successivi sono stati un susseguirsi di infortuni, crisi di identità, lunghe assenze e pochi, pochissimi gol. Poi a gennaio 2016, la rinascita, coincisa col passaggio dal Monaco alla Roma: il Faraone ammirato in quest'ultimo scorcio di campionato con la casacca giallorossa è un giocatore di cui questa Italia non può fare a meno. El Shaarawy è tornato ad essere il campioncino visto nel primo anno rossonero: gol, assist, numeri da fenomeno, otto gol totali in metà campionato. Lo Stephan rispolverato dalla cura Spalletti è forse uno dei pochi potenziali campioni di cui Conte dispone.

Conclusione? Come detto in apertura, di campioni, di "top player" non ne abbiamo. Abbiamo però giovani validi, giovani affamati che in carriera hanno finora vinto poco: aspetto che potrebbe rivelarsi una carta a favore dell'Italia. In questo senso anche la qualità motivazionali di Conte, un maestro sotto quest'aspetto, potrebbe fare la differenza. Non abbiamo i Vieri, i Totti e i Del Piero, ma forse, in fondo, non tutto è da buttare in questa Italia. Oltre ai giocatori citati, abbiamo poi un Gabbiadini in rampa di lancio, frenato solo dal mostruoso Higuain di quest'anno, un Belotti che ha trovato il gol con straordinaria regolarità in questo 2016, un Berardi che, limate le beghe caratteriali, potrà fare il definitivo salto di qualità. Insomma, qualche motivo per guardare avanti con ottimismo lo abbiamo anche noi italiani. Nonostante la nostalgia dei "top player" che furono.

[A.D.] http://liberopallone.blogspot.it/ - Riproduzione Riservata

Nessun commento:

Posta un commento