martedì 24 maggio 2016

La storia di Alessio e Ciro



Una storia che risale a due anni fa. Storia vecchia? No, perchè i tifosi del Toro, e non solo loro, questa storia non la dimenticheranno mai, per mille motivi.

Per chi tifa Torino, gli ultimi venti sono stati anni bui. Stagioni difficili, sempre in bilico tra campionati di serie B e anonime partecipazioni alla massima serie. E' dura tifare Torino per le giovani leve, figuriamoci per i granata più anziani. Dev'essere un colpo al cuore aver vivo dentro di sé il ricordo di Pulici e Graziani e doversi accontentare di Ventola e Bjelanovic oppure di Inacio Pià e Mario Salgado. Deve far tremendamente male pensare agli anni in cui il Torino era il Toro e lottava per lo scudetto, per poi aprire gli occhi e rendersi conto che la realtà è maledettamente diversa.


Ne hanno dovute sopportare di disgrazie i tifosi granata. Ad inizio anni '90 Vazquez, Casagrande e compagni eliminavano il Real Madrid, ebbene sì, proprio i futuri Galacticos, dalla Coppa Uefa. Da lì in poi una Coppa Italia vinta in finale contro la Roma, poi il buio. Una lenta ed inesorabile discesa verso il baratro. Discesa via via più repentina, che diventerà irreversibile quando le redini del Torino Calcio finiranno in mano a Francesco Cimminelli. E' l'estate del 2000 quando quest'imprenditore calabrese preleva la società granata dal genovese Massimo Vidulich: i tifosi ancora non lo sanno, ma Cimminelli sarà il vero e proprio giustiziere del Toro, colui che gli darà il colpo di grazia definitivo. Il 26 giugno 2005 il Torino batte il Perugia nella doppia finale playoff e conquista la promozione in serie A: i tifosi si riversano in strada, la gioia è incontenibile, Torino quella notte si tinge di granata. Sembra poter essere l'inizio di una rinascita, la squadra è ottima e può contare su giocatori validi anche nella massima serie: c'è un giovane Andrea Mantovani, c'è Federico Balzaretti, c'è il funambolico brasiliano Andrè Luciano da Silva Pinga, c'è un attaccante di razza come Massimo Marazzina, c'è anche Fabio Quagliarella. Le premesse per fare bene anche in serie A ci sono tutte. Quella squadra, però, nella massima serie non ci giocherà mai. Già nei giorni immediatamente successivi alla promozione la gioia e i sogni di gloria lasciano spazio alle perplessità, ai dubbi, al terrore vero e proprio. La società ha accumulato montagne di debiti nelle passate gestioni, compresa l'ultima di Cimminelli, l'iscrizione alla serie A viene negata. Sono quaranta giorni di agonia per il popolo granata, ma i vari ricorsi non fruttano alcun esito, la fideiussione necessaria a garantire la copertura dei debiti con l'erario non arriva: il 9 agosto 2005 il Torino Calcio non esiste più.



Alla lunga serie di disgrazie, non solo sportive, che i tifosi granata hanno dovuto sopportare e superare si aggiunge l'onta del fallimento. Lunga serie, si, perchè il Toro ha riservato drammi ad ogni generazione di tifosi. Nel 1949 il popolo granata pianse la scomparsa del Grande Toro, tutt'ora considerata una delle squadre più forti di tutti i tempi, nella tragedia di Superga. Correva poi il 1967 quando a perdere la vita fu Gigi Meroni, giovane stella che conobbe la morte in una sera di ottobre, investito da un'automobile guidata, ironia del destino, da quell'Attilio Romero che avrebbe poi occupato la poltrona di presidente del Toro durante la sciagurata gestione Cimminelli. Poco meno di dieci anni dopo una terribile malattia si portò via Giorgio Ferrini, capitano di mille battaglie e recordman di presenze col granata addosso. Tantissimi poi i dispiaceri sportivi che il Toro ha dato ai suoi fedeli sostenitori, soprattutto nell'ultimo ventennio: dalla sconfitta nello spareggio promozione contro il Perugia nel 1998 all'interminabile astinenza di vittorie nel derby, dalle retrocessioni alle tristi stagioni trascorse nell'anonimato di metà classifica in serie B.

Ma in quell'agosto 2005, tutto sembra finito. Niente più partite, niente più vittorie, niente più sconfitte. Niente più Toro. I tifosi vivono un incubo e si mobilitano per salvarlo, il loro Toro. Sono settimane concitate, una cordata di imprenditori, i cosiddetti “lodisti”, fa rinascere una nuova società professionistica cui, grazie al Lodo Petrucci, vengono trasferiti titolo e meriti sportivi. Ma le risorse finanziarie non ci sono, serve qualcuno che, come si dice, “cacci il grano”. I tifosi acclamano a gran voce Urbano Cairo, imprenditore alessandrino. Si fa avanti anche il laziale Luca Giovannone, che viene però letteralmente cacciato coi forconi dal popolo granata. E' il 2 settembre 2005 quando finalmente tutti i dubbi vengono sciolti: Urbano Cairo è il nuovo presidente del Torino, che si iscrive al campionato di serie B 2005-06. Il Toro vivrà ancora.



Sembra poter essere l'inizio di qualcosa di bello, il primo passo verso il ritorno del Toro ai fasti che furono. L'avvento di Cairo porta nell'ambiente granata un entusiasmo enorme, entusiasmo che porta la banda di De Biasi, una squadra assemblata in fretta e furia in una settimana di settembre, a conquistare al primo tentativo il salto in serie A. Sembra una favola, il Toro sta tornando. Sembra, perchè gli anni successivi si rivelano poi un tantino diversi da quelli che i tifosi sognavano. Niente rinascita, il Toro nelle stagioni che seguono torna ad essere il torello a cui i tifosi sono tristemente abituati. Qualche stagione in serie A con la salvezza presa per i capelli, una nuova retrocessione e poi nuove, squallide ed anonime stagioni in serie B. Nel 2010-2011 il Torino chiude 8°, fallendo anche l'obiettivo playoff: una delle peggiori stagioni nella storia granata, l'entusiasmo e le speranze di quel settembre 2005 sembrano lontani anni luce.



Poi, in quell'estate 2011, la prima piccola svolta. Urbano Cairo, dopo anni di scelte sbagliate e scellerate (vedi Alvaro Recoba, in granata controfigura del campionissimo che fu, vedi i vari Stefano Fiore, Giuseppe Pancaro ed Eugenio Corini, tutti ottimi giocatori arrivati a Torino con troppi anni di ritardo) affida la panchina del Toro a Giampiero Ventura. Un allenatore vero, un uomo che vive di calcio, uno che ha fatto la gavetta, non come i vari Inzaghi e Seedorf, sbattuti su una panchina di serie A con gli scarpini da giocatore ancora addosso. Non il massimo della simpatia, magari, ma un Allenatore con la A maiuscola, di quelli che lasciano un'impronta profonda nelle squadre che guidano. Il Toro con Ventura centra la serie A, questa volta senza passare dai playoff. Il 4-2-4 venturiano funziona, i granata sono superati in classifica solo dal magico Pescara di Zeman, ma poco importa, la massima serie è conquistata, e questa volta il Toro vuole tenersela stretta. Per la verità, però, la stagione 2012-2013 non è poi così diversa dalle ultime disputate dal Toro in serie A. I granata vivacchiano, raccolgono punticini qua e là senza particolari squilli, perdono entrambi i derby e conquistano la salvezza solo nelle ultime giornate. Un solo giocatore riesce ad infiammare, a sprazzi, gli animi della Maratona: parliamo di Alessio Cerci, fedelissimo di Ventura arrivato in prestito dalla Fiorentina. Cerci arriva con l'etichetta di bad boy, di piantagrane, il classico giocatore che non riesce a trovare il giusto equilibrio tra genio e sregolatezza. A volerlo fortemente è però appunto Ventura: con il tecnico genovese Cerci ha un feeling particolare, e ai suoi ordini ha disputato la sua miglior stagione in carriera, con la casacca del Pisa nel 2007-08. Cerci, dicevamo, regala fiammate che accendono la Maratona: il coast to coast contro il Siena in casa, lo splendido sinistro a giro all'Artemio Franchi di Firenze. Sono però solo piccoli assaggi di ciò che avverrà l'anno dopo. Nell'estate 2013 a Torino arriva anche Ciro Immobile. Il campano non deve per la verità fare molta strada, dato che arriva dai cugini bianconeri, dalla Vecchia Signora, da quella squadra che ogni tifoso granata fa fatica persino a pronunciare. L'accoglienza riservata a Immobile non è quindi delle più calde: chi arriva dall'altra sponda del Po deve impegnarsi il doppio degli altri per conquistarsi l'affetto della Maratona. Se si aggiunge che Immobile arriva da una stagione deludente con la maglia del Genoa, l'impresa che attende il campano classe '90 non è delle più facili. E' qui però che arriva la seconda svolta per il Toro, dopo quella di due estati prima rappresentata dall'approdo di Ventura sotto la Mole. Nell'estate 2013 si compone la coppia Cerci-Immobile: Ciro arriva in comproprietà, Alessio viene riscattato dalla Fiorentina. Ciro e Alessio, i due ragazzi che torneranno a far sognare la curva Maratona: già, perchè chi si aspetta il solito anonimo campionato, la solita salvezza acciuffata in dirittura d'arrivo, quest'anno si sbaglia.

Ventura cambia, sorprende tutti abbandonando il suo marchio di fabbrica, il 4-2-4, e adotta un 3-5-2 atipico, con Cerci sempre defilato sulla destra pronto a spaccare le difese con le sue progressioni per poi liberare il sinistro. E' proprio in questo modo che arriva il gol che chiude la pratica Sassuolo al Comunale, alla prima giornata di campionato: segna Brighi, Alessio mette in cassaforte i tre punti con il definitivo 2-0. E la Maratona sogna. I risultati, nelle prime giornata, sono altalenanti, ma il gioco non manca mai. Alla terza giornata il Milan viene dominato in lungo e in largo, ma riesce a raggiungere fortunosamente il 2-2 nel finale: il Toro era avanti 2-0 fino ad un quarto d'ora dal termine, con la seconda rete segnata ancora da Cerci dopo uno splendido duetto con Immobile. Sono le prove generali della fantastica intesa che verrà a distanze di poche settimane. La prima rete in granata, per Immobile, arriva a Marassi, contro la Samp: la prima firma di una lunga serie. Al Comunale di Torino trema anche l'Inter: finisce 3-3, Ciro va ancora a segno dopo che Alessio in apertura ha sbagliato un rigore. La coppia d'oro granata va a segno insieme anche nel 3-3 di Livorno: l'intesa cresce, Ventura gongola, la Maratona sogna. All'undicesima di campionato, il Toro è la prima squadra a bloccare la Roma di Garcia, fin lì una macchina perfetta: al Comunale finisce 1-1, segna Alessio. E' a fine novembre che l'intesa tra Cerci e Immobile inizia a dare frutti eccezionali. Il Toro inizia a fare sul serio, la colonna sinistra della classifica non è più solo un'utopia: certo, non è il più eccezionale dei traguardi, ma fidatevi, dopo vent'anni d'inferno può bastare per sognare. Qualcuno, sottovoce, inizia a parlare di Europa League. Intanto Alessio e Ciro girano che è una meraviglia: la salvezza, per una volta, non sarà acciuffata faticosamente nelle ultime giornate. Immobile timbra anche a San Siro contro il Milan, dopo che il Toro ha fatto un sol boccone delle canoniche concorrenti per la permanenza in A: Catania, Chievo, Sassuolo, Verona. 



Non mancano gli incidenti di percorso, vedi i KO interni con Bologna e Samp, ma il Toro ha Ciro e Alessio, e quei due fanno paura a tutti. Immobile ne rifila tre al malcapitato Livorno, che a Torino cade 3-1, poi segna un meraviglioso quanto inutile gol all'Olimpico di Roma: Florenzi darà i tre punti ai giallorossi, ma la bellezza del sinistro al volo del bomber campano rimarrà a lungo negli occhi dei tifosi, così come la data 13 aprile 2014 resterà impresso nella memoria collettiva del popolo granata. Quel giorno, al minuto 89 di Toro-Genoa, i rossoblù sono avanti 1-0 al Comunale, a pochi minuti dal colpo esterno. Ma quei due ragazzi terribili che il Toro ha in attacco non ci stanno. Al 92' Ciro sigla il pareggio con uno splendido destro a giro. Già questo basterebbe per mandare in delirio la Maratona. Ma non è finita: al minuto 93, Alessio prende palla a metà campo, resiste alla carica di due avversari e giunto al limite dell'area spedisce la palla all'incrocio dei pali. In due minuti, Ciro e Alessio hanno ribaltato il Genoa: la Maratona e lo stadio tutto vengono letteralmente giù. E' l'apoteosi, la consacrazione per Cerci e Immobile che ora sono i re di Torino sponda granata.



Si scomodano paragoni fino a poco tempo prima impensabili e quasi blasfemi: Cerci e Immobile come Pulici e Graziani, i leggendari Gemelli del gol protagonisti dello scudetto '76. Ma ora siamo nel 2014, lo scudetto del Toro si chiama Europa League, e ormai tutti ci credono. I granata battono anche Udinese e Chievo ed arrivano a giocarsi la qualificazione all'ultima giornata: a contendere il posto in Europa alla truppa di Ventura c'è il Parma di Donadoni, altra sorpresa del campionato. Il Toro va in trasferta a Firenze, i ducali attendono il Livorno. Il Parma liquida la pratica amaranto vincendo 2-0, mentre all'ultimo minuto dell'ultima partita del campionato il Toro sta pareggiando 2-2 al Franchi. Con questi risultati, Parma in Europa League e sogno svanito per i granata. Ma in quel momento, all'ultimo minuto dell'ultima partita del campionato, Alessio Cerci è sul dischetto, e sta per battere il calcio di rigore che potrebbe mandare in Paradiso il popolo torinista dopo anni d'inferno. Questa però non è una favola, questa è la cruda realtà. Alessio sbaglia, tira male, troppo male per essere vero, Rosati para, finisce 2-2. Il sogno è svanito, per i tifosi granata un classico e drammatico epilogo da Toro. Il Parma gioisce, Alessio piange, e con lui tutto il popolo del Toro giunto in massa in riva all'Arno: tutti volevano esserci, nessuno voleva mancare l'appuntamento con la storia. Un finale paradossale, con una squadra condannata dall'errore di quello che era stato fino a quel momento il suo miglior giocatore. Il Toro si consola con il titolo di capocannoniere conquistato da Ciro Immobile con 22 reti: era dai tempi di Ciccio Graziani che un granata non si issava sul trono dei bomber. Le reti del campano, insieme alle 13 del gemello laziale, fanno di Cerci e Immobile la coppia più prolifica della serie A, meglio anche di Llorente e Tevez.

Tutto finito? Ancora no. Ancora una volta il treno della storia del Toro esce dai binari della normalità: un copione non nuovo per i granata. I tribunali tornano protagonisti, come in quell'angosciante estate 2005. Questa volta però, le notizie sono buone: al Parma viene negata la licenza Uefa a causa di un mancato pagamento Irpef dell'importo di circa 300.000 euro. A nulla servono i mille ricorsi del presidente Ghirardi, il posto in Europa League viene revocato ai ducali ed assegnato al Toro di Ventura. Dopo un ventennio passato a calcare i campi di Castellammare di Stabia, Gubbio e Cittadella, le maglie granata varcheranno di nuovo i confini italiani.

Nell'estate 2014 sia Ciro che Alessio lasciano Torino, provocando reazioni contrastanti all'interno della tifoseria. Restano però incancellabili il ricordo e le emozioni vissute dal popolo granata grazie alle magie di questa coppia nella stagione 2013-2014. Restano i gol, restano i colpi di classe, restano le straripanti esultanze della Maratona. Resta, ad Alessio e Ciro, il merito di aver trascinato il Torino fuori da quel triste anonimato in cui era piombato nell'ultimo ventennio, il merito di aver preso il Torino ed averlo fatto ritornare il Toro. Non hanno vinto coppe, Ciro e Alessio, non hanno vinto scudetti. Ma hanno permesso ad un popolo depresso di tornare a sognare, ad esaltarsi, ad esibire fieri, a testa alta, i loro colori: e questo, sotto la Mole, vale forse quanto uno scudetto. E senza di loro? Bè, il Toro se la caverà. Il Toro se la cava sempre. Il popolo del Toro si rialza sempre. Perchè forte non è chi non cade mai, ma chi sa rialzarsi dopo ogni caduta.




In bocca al lupo Ciro, in bocca al lupo Alessio.

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