sabato 30 luglio 2016

Un giorno a Stamford Bridge - "Traditore per un giorno"


Il calcio è una religione, ed ogni religione che si rispetti ha i suoi templi. Per i devoti del pallone questi templi si chiamano stadi e possono entrare nella leggenda tanto quanto i calciatori stessi o quanto le squadre che hanno segnato le epoche di questo meraviglioso sport. Chi, tra gli appassionati di calcio, non ha mai sognato di scendere in campo in uno stadio vero, con una divisa vera, con tanto di nome e numero stampati sulla schiena? Pochi, però, hanno avuto la possibilità di tramutare questo sogno in realtà e diventare protagonisti in uno dei templi del pallone disseminati in giro per il pianeta, anche solo per un giorno. Uno di questi fortunati si chiama Vincenzo Felici, pesarese di nascita, ha 45 anni, di mestiere fa il farmacista e vive ad Ancona. Lui una giornata da calciatore l'ha vissuta per davvero, facendo oltretutto del bene, il che, chiaramente, non guasta. La sua avventura, Vincenzo l'ha raccontata in un libro.


Ma partiamo dal principio. E' il 2007 quando Vincenzo, da sempre appassionato di calcio e tifoso della Juventus, attraverso la rivista "UK Football, please", viene a conoscenza di un'interessante iniziativa organizzata e promossa da Football Aid, un'associazione benefica scozzese. Football Aid permette di scendere in campo in uno dei favolosi stadi inglesi per disputare vere e proprie partite ufficiali, vestendo i colori di una delle formazioni del Regno Unito, dietro il versamento di un'offerta destinata a sostenere cause benefiche: nello specifico, i fondi raccolti sono destinati ai bambini affetti da diabete di tipo 1. Vincenzo decide così di regalarsi un piccolo sogno coniugando la sua passione calcistica con l'interesse professionale, dato che lui, come detto, nella vita fa il farmacista. La squadra scelta è il Chelsea, Vincenzo scenderà in campo nel maestoso Stamford Bridge con la casacca dei Blues sulla pelle.

Il giorno è il 22 maggio del 2007, in campo insieme a Vincenzo ci sono altri appassionati come lui, provenienti, oltre che dal Regno Unito, anche da Israele, Grecia e tante altre nazioni. Le squadre si dividono in Chelsea A, che gioca con la classica divisa blu, e Chelsea B, in divisa bianca, in cui gioca Vincenzo. E poi ci sono due vecchie glorie Blues, una per squadra: Scott Minto e John Bumstead. Il primo, difensore, è stato protagonista a Stamford Bridge dal '94 al '97, il secondo, centrocampista, è una vera bandiera del Chelsea, squadra nella quale ha militato, tra First e Second Division, dal '78 al '91, mettendo insieme più di 300 "caps". La partita, in quel 22 maggio 2007, si conclude sul 5-4 per la formazione "A": Vincenzo perde, ma poco importa, perchè quel giorno non ci sono veri sconfitti. Oltretutto, è proprio lui a segnare l'ultimo gol dei sui: un gol a Stamford Bridge, un sogno, non ci sono altre parole per descrivere il momento.

Per un innamorato del pallone come Vincenzo, sono attimi indimenticabili: "L'emozione è così forte da essere indescrivibile. Posso dire che ancora oggi conservo nelle narici l'odore dello splendido manto erboso dello Stamford Bridge" racconta Felici. Le "fotografie" più nitide di quel giorno? "Entrare negli spogliatoi e cercare con lo sguardo la mia divisa appesa all'attaccapanni, con tanto di nome e numero stampati sulla schiena, i momenti in cui ho percorso il tunnel che portava al campo, con annesso ticchettìo dei tacchetti sul pavimento. E poi, ovviamente, il mio gol!".


Quando torna nella sua Ancona, Vincenzo decide di mettere per iscritto tutte le sensazioni e le emozioni provate in quella meravigliosa ed irripetibile esperienza: "Volevo lasciare una testimonianza dell'esperienza unica che ho vissuto, devolvendo parte del ricavato dalle vendite del libro direttamente a Football Aid. Mi è sembrato un atto dovuto, un ringraziamento accorato a chi mi ha permesso di vivere la giornata più bella della mia vita, un'esperienza unica nel suo genere".

Curioso il titolo che Vincenzo sceglie per il suo libro: "Traditore per un giorno - La mia avventura a Stamford Bridge". Felici spiega così la sua scelta: "Per un giorno ho "tradito" la mia squadra del cuore, la Juventus, indossando la casacca del Chelsea. Ma è stato un tradimento a fin di bene. Nel Regno Unito questo titolo (in inglese "Traitor for a day") è stato considerato troppo forte: i britannici interpretano questo termine in maniera molto severa".


Il manoscritto, edito dalla casa editrice dorica Pequod Italic, si trova facilmente sia su internet che attraverso i comuni circuiti editoriali passando per le librerie, ma chiunque desideri leggerlo può richiederlo direttamente a Vincenzo: "Sarà mia cura farglielo avere", fa sapere l'autore. Acquistandolo, si sostengono le cause benefiche di Football Aid (www.footballaid.com) che sostiene i bambini diabetici britannici. Sul web, inoltre, si trovano foto e filmati relativi all'esperienza di Vincenzo, che è facilmente reperibile su Facebook, su Twitter e  su Skype. Felici che è legato al Chelsea non solamente dall'esperienza vissuta nel 2007: la'autore pesarese, infatti, sui Blues ha scritto anche un altro libro, "Blu Reale", edito da Urbone e pubblicato nel 2014, in cui si ripercorre l'intera storia del club londinese attraverso uomini, partite, risultati e aneddoti, una panoramica a tutto tondo sulla società ora gestita da Roman Abramovich.

Quella raccontata da Felici in "Traditore per un giorno" è una storia che vale la pena di essere letta, una storia in cui la cronaca di quell'indimenticabile giornata di maggio del 2007 si intreccia con le radici della passione dell'autore per il pallone, la storia di un uomo che ha realizzato il proprio sogno, contribuendo allo stesso tempo a realizzare quelli di tantissimi bambini che ogni giorno lottano contro la malattia.

E quando un gioco richiama in uno stadio persone provenienti da mezzo mondo, quando un gioco riesce a relizzare i sogni di queste persone, quando segna in modo così indelebile la vita di questi uomini, quando attraverso questo gioco si può riuscire ad aiutare chi soffre, esso cessa di essere un semplice gioco e si eleva ad una dimensione superiore.

No, il calcio non è solo un gioco.

[A.D.] - liberopallone.blogspot.it - Riproduzione Riservata

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