martedì 13 dicembre 2016

Mi manchi, amico Guerin


Avevo un amico, fino a qualche tempo fa. Un amico fedele, di quelli su cui puoi contare sempre. Era un amico di vecchia data, ci conoscemmo che ero un bambino, mi accompagnò durante la mia adolescenza e mi vide diventare un uomo. Era un amico di quelli che ti fanno sentire al sicuro. Sapevo sempre dove trovarlo, quando ne avevo bisogno, e lui sapeva sempre dirmi le parole giuste. Sapeva ciò che mi serviva, sapeva ciò che mi piaceva, e non mi tradiva mai. Poi, un giorno, è scomparso, e di lui non ho più avuto notizie. Ma io lo so, non è stata colpa sua. Io non gli porto rancore, perchè lo hanno rapito, lo hanno preso in ostaggio contro la sua volontà. Non so perchè, non so che cosa vogliano ottenere, queste persone che lo hanno portato via. So solamente che mi manca, mi manca terribilmente, quel mio caro, vecchio amico.
Era l'inverno a cavallo tra il 2000 e il 2001, quando conobbi quel mio amico. Avevo nove anni, mi affacciavo al mondo del calcio con la curiosità tipica di ogni bambino, la passione aveva preso a divampare dentro di me in una sera di giugno, una sera in cui Toldo si mise addosso il mantello di Superman, guardò negli occhi gli olandesi e disse "No, ragazzi, mi spiace, ma in finale ci andiamo noi". E in finale ci erano andati, i miei eroi vestiti d'azzurro. Calcio, calcio e ancora calcio, nella mia testa non c'era molto spazio per altri pensieri che non fossero a forma di pallone. Entrai in edicola in un pomeriggio di spese insieme a mia madre e lo vidi, là, appoggiato sull'espositore insieme ad altre decine di riviste sportive: "Guerin Sportivo". "Che strano nome", pensai. Sulla copertina il titolo recitava "Carlo's Angels". Carlo era Ancelotti, allora allenatore della Juventus, i suoi Angels erano Filippo Inzaghi, David Trezeguet e Darko Kovacevic, attaccanti di quella Juve insieme a Del Piero. E in copertina, insieme a quel titolo, c'erano proprio loro tre. Già tifavo per il Toro, eppure la mia attenzione fu catturata da quella prima pagina. Non mi sono mai spiegato il perchè, anzi, probabilmente non me lo sono mai chiesto: il destino, quando decide di mettersi in moto, quando decide che gli eventi devono prendere una piega anzichè un'altra, non guarda in faccia a nessuno. No, nemmeno alla logica.

Mentre il Guerin catturava la mia attenzione e mi chiamava a sè, io catturai quella di mia madre e riuscii ad essere abbastanza convincente da farmelo acquistare. Pensavo di comprare una rivista, avevo trovato un amico.

Non lo avrei abbandonato più, il Guerin, allora settimanale, poi trasformatosi in mensile. Divenne un appuntamento fisso, la fonte primaria dal quale traevo la nutrizione per la mia fame di calcio. Non mi bastava Novantesimo Minuto, non mi bastavano i programmi tv che già pullulavano su ogni rete, mi serviva di più, per placare il mio appetito. Tutto ciò che non trovavo in televisione, me lo dava il Guerin, puntualmente, prima ogni settimana, poi ogni mese. Non lo leggevo, lo divoravo. Gli approfondimenti, le interviste, il calcio estero: tra quelle pagine trovavo tutto ciò che desideravo, e anche di più, tutto ciò che la televisione non sapeva e non poteva darmi.

Entrai a far parte della famiglia dei "guerinetti" durante la direzione Zazzaroni, rimasi fedele nel passaggio ad Andrea Aloi, non lo abbandonai con Matteo Marani e con il doloroso passaggio da settimanale a mensile. Mi accompagnò in ogni fase della mia vita: quando dovevo rilassarmi dopo la scuola, quando dovevo distrarmi per le prime delusioni amorose, quando in generale avevo bisogno di staccare, lui era sempre là. Bastava prendere in mano il Guerin, cominciare a sfogliarlo, e si veniva catapultati in un mondo fantastico, un mondo realizzato e firmato da alcune delle più brillanti penne del giornalismo sportivo italiano. Era un amico, sì, non era solamente una rivista. E' anche e soprattutto grazie al Guerin, ai suoi direttori e alle sue inimitabili firme, se mi sono avvicinato ad un certo modo di vedere e vivere il calcio: non come passione irrazionale tramite la quale sfogare istinti e frustrazioni una volta a settimana, ma come vero e proprio amore, come dedizione ad uno sport che ha segnato, piaccia o no, la storia del nostro paese, intrecciandosi e integrandosi con la stessa. "Chi sa solo di calcio, non sa niente di calcio": lo ha detto Mourinho, e se oggi anch'io so che non c'è frase più vera di questa devo dire grazie al Guerin Sportivo, che ha scandito con il suo appuntamento fisso in edicola i miei ultimi sedici anni di vita.

Matteo Marani, da gennaio ex direttore

Mentre intorno a lui il mondo del calcio e il tifoso medio italiano degeneravano entrando in una vorticosa discesa verso il nulla culturale, quella discesa che ci avrebbe portati all'adorazione dei "bomber" e all'ignoranza assurta a valore positivo, il Guerin rimase fedele a sè stesso. Contenuti di qualità altissima, inchieste, servizi mai banali: si trovò a dover far la guerra ad internet e ne uscì più forte. Nonostante il passaggio a mensile e la concorrenza del web, il Guerin, sotto la gestione Marani, era diventato un vero e proprio capolavoro.

Di tanto in tanto prendevo in mano i quotidiani sportivi, quelli principali, quelli che dovrebbero rappresentare l'èlite del nostro giornalismo sportivo: scoop di mercato o presunti tali, gossip, chiacchiericcio da bar. "Per fortuna mi resta il Guerin. - mi dicevo - Il Guerin non cambierà mai". Ero convinto che mi sarebbe rimasto fedele, quel mio vecchio amico, così come io lo sarei rimasto a lui.

Poi è arrivato il febbraio del 2016. Vado in edicola, prendo il Guerin come ogni mese, torno a casa, inizio a sfogliare e trovo il saluto del direttore Marani. Dal numero successivo ci sarebbe stato un cambio al timone: Alessandro Vocalelli sarebbe stato il suo successore, il nuovo direttore del Guerin Sportivo. Fin sa subito la notizia mi lasciò perplesso: Marani aveva costruito un capolavoro, non sarebbe stato facile raccogliere il suo testimone.

"Cambiano i giocatori, restano le maglie, è questo l'importante", dice Marani nel suo ultimo saluto ai lettori. Gli do fiducia, mi fido, quelle parole mi rassicurano: cambiava la guida, ma il Guerin, come sempre, sarebbe rimasto uguale e fedele a sè stesso e ai suoi adepti. Ma mi sbagliavo, mi sbagliavo di grosso. Le cose, dopo l'addio di Marani, sarebbero andate molto peggio di quanto temevo allora.

Alessandro Vocalelli, carnefice del Guerin

Il primo numero della gestione Vocalelli è interlocutorio, molto simile a quelli a cui ero abituato. Lo sfacelo inizia dal Guerin successivo, quello di aprile. In prima pagina un richiamo ai servizi interni mi allarma: "Melissa Satta si racconta". Come? Un'intervista a Melissa Satta? Sul Guerin Sportivo, sul mio amato Guerin? Mi stropiccio gli occhi, sperando di aver letto male. E invece è tutto vero. Nei mesi successivi in questa "interessantissima" rubrica viene data voce rispettivamente a Claudia Gerini, Alessia Ventura, Caterina Balivo, e altre ancora. Sul Guerin Sportivo. Lo riscrivo, per convincermi ancora che sì, è tutto vero. Là dove ogni mese trovavo approfondimenti e storie affascinanti sul mio amato pallone, ora c'è spazio per interviste a vallette, soubrette e attrici varie. Ora, lungi da me essere tacciato di sessismo, ma permettetemelo, io sul Guerin voglio leggere di calcio, punto e basta. E non è detto che il calcio me lo debba per forza raccontare un uomo, anzi, ci sono donne, anche in televisione, che masticano calcio più di tanti "opinionisti" (ma che vorrà dire, poi...) uomini. Un nome? Katia Serra. Ma se mi intervisti Melissa Satta e quell'intervista me la sbatti sul Guerin, bè, io non ci sto. Non ci sto a vedere infangate in questo modo pagine che hanno ospitate le penne più prestigiose del nostro giornalismo sportivo, penne che hanno combattuto per tenere viva una certa cultura sportiva nel degrado italiano.

Vado avanti, però, non voglio tradire il Guerin. E' mio amico da sedici anni, non ci separeremo ora.

Ma nei mesi la situazione non fa che peggiorare. Servizi di qualità sempre più scadente, approfondimenti che non approfondiscono, sempre più spazio al gossip, alle chiacchiere da calciomercato, le inchieste quasi spariscono per fare spazio a poster, gigantografie a tutta pagina del campione del momento e una grafica decisamente discutibile, più consona a Novella 2000 che ad un periodico di cultura sportiva. Il Guerin diventa di mese in mese più povero, si adegua alla massa, tradisce sè stesso, tradisce me e altre migliaia di fedeli guerinetti. Continuo a presentarmi all'appuntamento mensile, ma soffro, soffro a vedere un amico ridotto in quello stato. Quelle pagine che mi emozionavano e mi arricchivano, ora non mi danno nulla di più rispetto a quanto potrei trovare tra le pagine di una Gazzetta dello Sport, o di un Tuttosport, oppure nei servizi di un qualsiasi rotocalco calcistico televisivo.

Ci sono le eccezioni, firme straordinarie che si battono indomitamente per tenere alta la qualità del prodotto, ma la caduta è ormai irreversibile.

Mese di novembre. Basta, non ce la faccio più. Così non posso andare avanti.
Dopo sedici anni, non mi presento all'appuntamento col Guerin Sportivo. Non lo riconosco più. Ma io il Guerin non l'ho tradito: no, perchè quello che ora esce ogni mese nelle edicole non è il mio Guerin, non è quell'amico che ho amato, quell'amico fedele che mi ha preso per mano accompagnandomi nel meraviglioso pianeta pallone, raccontandomi storie straordinarie e scortandomi tra le pieghe di questo mondo. Del Guerin è tornata la vecchia testata, ma dentro quelle pagine oggi c'è qualcosa di diverso, molto più simile ad una qualunque rivista di gossip, piuttosto che a quella Bibbia del calcio che ha cresciuto me e altre intere generazioni di ragazzi.

Ed ora, desolatamente orfano di quell'immancabile e rassicurante appuntamento mensile, solo una cosa mi resta da dire: mi manchi, amico mio.

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