Questa volta non mi avrà. No, lo
giuro, questa volta no.
Si è presa troppo, nella mia vita,
quella squadra. Ho permesso che si prendesse troppo, anno dopo anno,
campionato dopo campionato. Il più delle volte mi ha restituito
delusione, disillusione, sofferenza. Ma sono giovane e posso cambiare
le cose, posso rimescolare le mie priorità, posso mettere da parte
il cuore. Posso farlo, voglio farlo.
Eppure quest'anno ci avevo creduto più
che mai. Ci avevo messo il cuore anch'io, avevo investito tutta la
mia passione, tutti i miei sentimenti, nei confronti di quei ragazzi,
di quei colori, di quella maledetta maglia di cui, chissà come,
chissà perchè, mi innamorai da bambino. La stagione era iniziata
male, malissimo, sembravamo sul punto di affondare, di sprofondare
nel più profondo dei burroni. Sembrava che ormai quelli come me
dovessero rassegnarsi a trovarsi un'altra passione, un altro amore,
qualcosa per cui esultare, incazzarsi, ridere e piangere ogni
domenica. Poi siamo risorti, abbiamo puntato i piedi in terra e
abbiamo rialzato la testa. Tutti quelli come me hanno ritrovato
l'amore, e la fiamma ha ripreso a divampare come prima. No, molto più
di prima.
La fiamma ha ripreso ad ardere e quei
ragazzi l'avevano alimentata per noi domenica dopo domenica. Ad
agosto eravamo sul punto di sparire: niente più gol, niente più
esultanze, niente più incazzature. All'orizzonte solo un vuoto, il
vuoto di circa quaranta domeniche che avremmo dovuto colmare in
qualche altro modo. Poi la resurrezione, e quaranta domeniche dopo ci
siamo ritrovati lì, ad un passo dal Paradiso. Ma l'abbiamo fallito,
quell'ultimo passo. Abbiamo fallito, siamo caduti, stavolta sento che
non ci rialzeremo.
Ci credevo ed ero puntuale, sul divano
di casa, all'appuntamento con la storia. Ma loro, i ragazzi che hanno
portato sulla pelle quella maglia che amo negli ultimi dieci mesi,
stavolta mi hanno tradito.
L'andata è finita 4-2 per gli altri, e
un 4-2 per gli altri non si recupera. No, non ce la faremo.
Quindi no, stasera non mi avrà, quel
mostro. Quella passione, quando le cose vanno male, può trasformarsi
in un mostro che ti divora da dentro. E ora le cose vanno decisamente
male. E lui è lì, in agguato, pronto a mangiarmi, pezzo dopo pezzo.
No, non stasera. Stasera c'è la
partita di ritorno, ma c'è anche tutto il resto del mondo che mi
aspetta là fuori. Io stasera scelgo tutto il resto. Scelgo una birra
con gli amici, scelgo di spegnere la tv, scelgo l'estate, scelgo la
vita senza quel mostro in agguato sopra la mia testa. Non è facile
liberarsi di lui, ma ci voglio provare, ci devo provare. Lo devo a me
stesso, ho del tempo da recuperare, ho delle rivincite da giocarmi e
inizierò da stasera. Quel mostro non può dominare la mia vita, e
non lo farà. Non gli permetterò di farlo. Stasera il mio destino lo
scelgo io.
Scelgo me, scelgo quel pugno di amici
che stasera è con me tra le viscere della città. Nient'altro conta,
voglio che nient'altro possa indirizzare le mie emozioni, il mio
umore, i miei pensieri. Respiro l'estate, respiro l'aria che ti
regala la vita quando ti liberi di ogni condizionamento, di ogni
peso. Vivo senza l'ansia di ciò che potrebbe accadere, senza il
timore che qualcosa, da un momento all'altro, possa rendere grigia
questa serata colorata. Sento che la mia passione era diventata un
veleno, sento però di aver trovato l'antidoto.
Un groviglio di urla si fa strada dal
bar dietro l'angolo e giunge fino a me. Urla di gioia. Ma sono urla
contenute, strozzate. Vorrebbero sprigionarsi in tutta la loro forza,
quelle voci, ma non possono. Per ora non possono. Mi bastano poche
frazioni di secondo per capire. Abbiamo segnato. Dopo il 4-2 per loro
all'andata, ora siamo 1-0 per noi. Ma non ci voglio pensare, mi sono
imposto di non regalare un'altra serata della mia vita a qualcosa che
in fondo, lo so già, finirà per deludermi, per scottarmi, per
sedurmi e dopo abbandonarmi. Siamo 1-0 per noi, sì, ma non ce la
faremo. Non ce la possiamo fare, ho fatto bene a spegnere la tv, ho
fatto bene a scegliere questo mondo qui fuori. Non vorrei essere
altrove, adesso. Anche se siamo 1-0 per noi.
E quindi me ne vado in giro per la
città, a godermi la mia età, a godermi tutto ciò di cui mi sarei
privato scegliendo l'ennesima serata di sofferenza seduto su un
divano di fronte alla tv. Respiro a pieni polmoni questa serata,
questa vita. Respiro a pieni polmoni e non ci penso, non penso a quei
ragazzi. Stanno vincendo 1-0, ma già so che la delusione è dietro
l'angolo. Non tornerò sui miei passi. Non stasera.
Ma il destino non lascia mai nulla al
caso. Mi prende per mano, prende per mano tutti i miei amici, ci
indica la strada. Noi non lo sappiamo, ma è già tutto scritto. E'
scritto che entreremo in quel bar, è scritto che quel bar, quella
sera, decida di trasmettere proprio quella partita, quella da cui ero
fuggito, quella che mi ero imposto di non vedere, quella a cui mi ero
imposto di non regalare me stesso, ancora una volta. Eppure il fato
ci porta proprio lì, davanti a quello schermo. Ci sono quelle maglie
che mi fanno palpitare il cuore. Perchè al cuore non si comanda, ho
scelto di voltare le spalle a quei colori, stasera, ma sono quei
colori che hanno inseguito me, ed ora che sono davanti ai miei occhi
il battito accelera. Non vorrei, eppure è proprio così che va.
Siamo 1-0 per noi, il nostro fantasista sta per battere un calcio
d'angolo. Vorrei non guardare, vorrei distogliere lo sguardo ed
essere padrone di me stesso, ma non lo sono. I miei occhi restano
incollati a quello schermo, i miei occhi si muovono da soli e non ne
vogliono sapere di guardare qualcosa che non sia quell'immagine
proiettata sul muro di un locale. Calcio d'angolo. Palla che spiove.
Mischia. Gol. 2-0 per noi. Da quella mischia esce un demonio. Si
toglie la maglia. Gli occhi iniettati di sangue, le vene che pulsano
sulla pelle, il salto a superare i cartelloni pubblicitari: non c'è
più niente tra lui e la curva. Quella curva che ruggisce, che pulsa
a propria volta, che ora ci crede per davvero. Ha segnato lui, la
vecchia volpe, il bucaniere che porta sulla pelle le cicatrici di
mille battaglie, di mille duelli. Era arrivato destinato ad un ruolo
da comprimario, sembrava dover svernare con la nostra maglia addosso.
E invece è un leone, lo è stato per tutta la stagione, lo è anche
stasera. Corre verso la curva con quegli occhi spiritati, quegli
occhi che mi catturano e mi tengono lì, ostaggio di quello schermo,
in quel bar, prigioniero di quella partita che avevo giurato di non
guardare.
Il mostro si risveglia, posa le sua
mani su di me, cerca di trascinarmi via con lui. Ma lo ricaccio
indietro. Siamo 2-0 per noi, ma stasera non mi importa. Mi impongo di
non mettere a rischio un'altra serata, non voglio liberare
quell'emozione correndo il rischio di vederla soffocare poco dopo. Me
ne vado, ce ne andiamo, non voglio vedere, non voglio soffrire.
Voglio vivere come una persona normale, come uno di quei ragazzi che
sanno dare alle cose la giusta importanza, quelli che sanno essere
padroni dei propri istinti. Quelli là, quelli che il mostro non è
mai riuscito a prendersi. Voglio essere uno di loro, stasera.
Me ne vado, mando giù un'altra birra,
prendo un respiro profondo e schiaccio quel pensiero giù, in fondo
alla mia anima, là dove, per quanto forte possa gridare, io non
possa sentirlo. E, sorprendendo anche me stesso, riesco a tenere fede
alla mia promessa. Non ci penso, non soffro, non tremo. Sto vincendo
io.
Poi un boato. Un altro. Viene dalle
case, dai bar, dai locali. Stavolta è gioia nel suo stato più puro.
Senza freni, senza catene. Il mio telefono vibra, c'è un messaggio,
poi un altro ancora, c'è una chiamata. Non rispondo, non voglio
sapere, non voglio farmi catturare. L'ho capito quello che è
successo. 3-0 per noi. Lo so, ma resto freddo: non so come ci sto
riuscendo, ma ci sto riuscendo. Anche se stiamo vincendo 3-0, anche
se quei ragazzi stanno facendo di tutto per riconquistare tutto quel
patrimonio di passione che avevo deciso di mettere da parte.
Resisto.
Non mollo.
E' una sensazione nuova, inspiegabile,
impensabile per uno come me. Fino ad una settimana prima sarei stato
incollato al mio divano, con gli occhi fissi sullo schermo, a
tremare, con la voce strozzata in gola, incapace di concentrarmi su
qualcosa che non fosse ciò che stava succedendo su quel parto. Ora
no, ora sono dentro la città e le mie emozioni le decido io, non
voglio lasciarle in balìa di un pallone che rotola a centinaia di
chilometri da me, preso a calcio da ventidue uomini in pantaloncini.
E' quasi mezzanotte di questa serata,
della mia serata, quando un fiume di persone si riversa in strada e
il mio telefono continua a vibrare. Un messaggio dopo l'altro, sembra
che tutto il mondo stia cercando me. La gente scende in strada e in
un attimo la città è invasa da un solo colore. Quel colore.
Siamo in Serie A. Siamo tornati al
nostro posto.
Dieci mesi fa eravamo morti e sepolti, ma siamo
risorti. In un istante è tutto cancellato.
Tutte le mie convinzioni, tutta quella
forza di volontà che per qualche ora avevo pensato di avere. Chiudo
gli occhi, prendo il respiro più lungo della mia vita e capisco che
mai e poi mai potrei rinunciare a queste sensazioni. Tutte le
delusioni, tutte le sofferenze, tutte le illusioni e le successive
disillusioni: tutto questo non cancella l'emozione che si prova e si
vive in istanti come questo. Guardo verso il cielo e mi scrollo di
dosso tutta la lucidità che avevo provato a fare mia. Questo fuoco
non si può spegnere, questo mostro non si può sconfiggere.
Resto nel cuore della città per tutta
la notte. I gol li vedrò domani, domani scoprirò ciò che mi sono
negato. Ora resto qui, insieme a centinaia di miei fratelli, di miei
compagni.
Non proverò mai più a privarmi di
tutto questo. Non proverò mai più a negarmi un'emozione. Preferisco gettare sul tavolo tutta la mia passione pur rischiando di non viverla, piuttosto che voltarle le spalle, tenere tutto dentro il mio petto e negarmela. E se
questa dovesse arrivare dopo mille sofferenze, allora sarà ancora
più bella.
Non ci proverò mai più, lo giuro.
11 giugno 2006 – Stadio “Delle
Alpi”, Torino
TORINO-MANTOVA
3-1 dts
TORINO
(4-4-2): Taibi;
Nicola, Doudou, Brevi, Balestri; Lazetic (8'pts Melara), Gallo, Longo
(35'st Edusei), Rosina; Muzzi (20'st Fantini), Abbruscato. Panchina:
Fontana, Fantini, Edusei, Vryzas, Stellone, Ferrarese. Allenatore: De
Biasi.
MANTOVA
(4-4-2): Brivio;
Sacchetti, Notari, Cioffi, Lanzara; Sommese (27'st Brambilla), Grauso
(44'st Graziani), Spinale, Caridi; Noselli (7'pts Poggi), Gasparetto.
In panchina: Bellodi, Mezzanotti, Di Cesare, Brambilla, Doga,
Graziani. Allenatore: Di Carlo.
ARBITRO: Farina
di Novi Ligure
RETI: 36'pt
Rosina (rig.) 18'st Muzzi 5'pts Nicola 10' pts Poggi
(rig.)
NOTE: 58.560
spettatori, incasso di 866 mila euro circa. Serata mite, terreno in
ottime condizioni. Angoli 7-4, ammoniti Lanzara, Balestri, Nicola,
Brevi, Gasparetto, Rosina, Abbruscato, Muzzi, Grauso, Longo, Cioffi,
Ferrarese, Sacchetti, Graziani. Espulsi al 40' st Di Cesare dalla
panchina, al 7' pts Fantini. Recupero: 3'/3'/4'/1'.
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FOTOGRAFIA
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